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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Settimana Mariana
FAMIGLIA E FEDE
Pilastri (FE)
13 ottobre 2002

I fatti recenti ci hanno sconvolto fino alle radici del nostro essere perché hanno messo a nudo in modo spietato il "vuoto" totale in cui viviamo, e la mancanza di senso che distrugge il vivere ed il morire.

In una situazione del genere due sono gli atteggiamenti da evitare. Il primo è di pensare che trattasi di fatti tanto abnormi che non servono per niente a rivelarci la reale situazione in cui viviamo. Il secondo è di pensare che la situazione di sradicamento è talmente grave da essere irreversibile. Il primo atteggiamento ci rende inetti; il secondo rinunciatari.

A questo punto pongo subito la tesi centrale di tutta la riflessione che andrò facendo: la famiglia, primo ed originale luogo dell’educazione della persona, rimane capace, anzi l’unica capace di rigenerare un’umanità tanto devastata. Articolerò dunque la mia riflessione nel modo seguente. Nel primo punto cercheremo di capire che cosa significa educare una persona alla fede; nel secondo vi mostrerò perché questa educazione è compito primo della famiglia; infine vedremo perché questa educazione è l’unica risposta adeguata alla mancanza di senso che ci sta distruggendo.

1. L’educazione alla fede

Che cosa significa educare una persona alla fede risulta chiaro sce sappiamo (a) che cosa significa educare una persona, e (b) che cosa è la fede cristiana.

(a) Educare una persona significa "introdurla nella realtà". Ma che cosa significa "introdurre una persona nella realtà"? dentro alla realtà una persona non si trova già naturalmente dal momento della sua nascita? La cosa è più grande e profonda di quanto possa apparire a prima vista.

Se paragoniamo la realtà, nella quale il bambino si trova a vivere, ad un territorio dentro il quale egli deve muoversi, e ci chiediamo: quale è la meta a cui la persona umana è diretta, verso cui è incamminata? E’ la felicità, cioè il pieno e sicuro possesso di tutti i beni che realizzano i nostri desideri più profondi. Ma perché l’uomo possa raggiungere questa meta, ha bisogno di essere aiutato nel suo cammino, perché non devii: ha bisogno di conoscere la via; ha bisogno della forza necessaria per percorrerla. Deve cioè rispondere alle due grandi domande umane: la domanda sulla verità; la domanda sul bene. Quando uno conosce la via [risposta alla domanda sulla verità]; quando uno è capace di percorrerla [risposta alla domanda sul bene], questi è stato pienamente introdotto nella realtà.

Posso esprimere gli stessi concetti anche nel modo seguente. La persona umana si trova dentro ad una realtà enigmatica: ha bisogno di essere aiutata ad interpretarla [problema della verità]. La persona umana ha bisogno di corrispondere alla realtà nel modo adeguato: ha bisogno di essere educato ad un esercizio buono della sua libertà [problema del bene].

Non mi di lungo ulteriormente: ho già trattato questo tema ampiamente e varie volte.

(b) Riflettiamo ora per un momento sulla nostra fede. In che cosa consiste il cristianesimo? Che cosa ti propone esattamente chi ti propone di diventare cristiano? È l’incontro con una Persona, la persona di Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa. Quando ti viene proposto di diventare cristiano, ti viene proposto questo.

Ma – e questo è fondamentale – questo incontro cambia la vita, in quanto pone dentro alla tua esistenza una presenza, la presenza di Cristo, che è luce e vita. E’ luce: risponde a tutte le tue domande sulla realtà; è la chiave interpretativa di tutte le esperienze [risposta al problema della verità]. E’ vita: diventa Colui che ispira e genera le scelte della tua libertà [risposta al problema del bene].

A questo punto non è difficile capire che cosa significa "educare alla fede", coniugando la riflessione (a) e (b). Educhi una persona alla fede quando la introduci ad un incontro con Cristo tale che la sua (di Cristo) presenza diventa la chiave interpretativa della vita [la verità è Cristo] e l’ispirazione di tutte le scelte [il bene è Cristo]. Ci sono come due momenti: la persona è condotta ad incontrare Cristo [cfr. Gv 1, ]; la persona è guidata a capire la sua vita nella luce di Cristo e a viverla in Lui come Lui. L’aggancio fra i due momenti costituisce precisamente l’educazione cristiana.

2. Famiglia ed educazione alla fede

Ora dobbiamo vedere perché l’educazione alla fede è compito primario della famiglia. Le ragioni sono due strettamente connesse: (a) perché l’educazione della persona è compito primario della famiglia, (b) perché i primi testimoni della fede sono i genitori.

(a) Se abbiamo quella visione completa di educazione che sopra ho cercato di delineare, non è difficile capire che l’originario luogo dell’educazione della persona è la famiglia. L’educazione non è la trasmissione di un sapere, un’istruzione; non è l’apprendimento di un codice di regole di comportamento: è la condivisione autorevole di una vita consapevole e libera. La vita è consapevole quando è vissuta nella luce della verità; della scoperta del senso di ciò che facciamo. La vita è libera quando è vissuta con scelte che corrispondono alla verità conosciuta.

E’ una condivisione autorevole: i genitori condividono coi figli quella vita consapevole e libera che essi hanno sperimentata essere quella vera e buona. E’ una condivisione autorevole, perché compiono questa condivisione nella certezza che "ciò" che vivono ed il "come" lo vivono, è vero, bello, buono.

Ora nella famiglia, e solo nella famiglia, questa condivisione avviene nel modo più adeguato: vivendo assieme. Sembra un truismo, ma è invece una profonda verità: la condivisione della vita non può che accadere mediane la con-vivenza continua. E questo è precisamente la famiglia.

(b) Ora comprendiamo perché i primi testimoni della fede sono i genitori. Ciò che è umanamente vero è vero anche nell’ordine della fede; ciò che è vero nell’ambito dell’educazione umana è vero anche nell’ambito dell’educazione alla fede. Anzi, lo è in modo più profondo. La proposta cristiana è una proposta di vita. E’ attraverso la condivisione di tutta la vita, quale si ha solo nella famiglia, che una persona entra nella fede cristiana. Altri potranno dare un’istruzione cristiana; altri potranno insegnare un comportamento cristiano. Ma un’educazione cristiana può essere realizzata solo ad iniziare dalla famiglia. L’esistenza cristiana o è generata dalla famiglia o non è generata in nessun altra parte.

3. Famiglia, educazione alla fede e condizione attuale.

La famiglia come tale è capace di educare la persona umana. Non si deve pensare che essa abbisogni di chissà quali supporti: in se stessa è forza adeguatamente educativa. Il vero problema quindi è che esistano le famiglie. E la famiglia è generata dal matrimonio: il vero problema è che esistano veri matrimoni.

Non solo la famiglia è capace di educare naturalmente, ma la vera risposta adeguata alla situazione tragica in cui versano oggi i ragazzi e i giovani può venire fondamentalmente solo dalla famiglia. Per una duplice serie di ragioni.

L’aria che si respira è un’aria impregnata dal relativismo e dal cinismo morale, e quindi è un’aria che produce solo un’immensa infelicità. Il richiamo ai valori che a questo punto tutti facciamo lascia il tempo che trova: non illudiamoci. Il richiamo alle fondamentali regole della convivenza è ancora più inefficace: non esiste una regola che sia capace di farmi rispettare le regole.

Di che cosa c’è bisogno? di un incontro con una persona che sia veramente risposta adeguata a questo vuoto di senso: una persona che diventi presenza dentro la vita. E lo può diventare perché in essa risplende una pienezza che non può non attrarre l’uomo. Agostino ha scritto al riguardo pagine che non si possono dimenticare [cfr. Commento al Vangelo sec. Giovanni]: l’uomo dipende da ciò che naturalmente lo attrae.

Nella comunione di vita che è la famiglia accade precisamente questo avvenimento: i genitori condividono autorevolmente un incontro che dà un senso indistruttibile alla vita.

Nella nostra storia, povera e tragica, grande e piccola, è entrato il Mistero di una Presenza che vince anche il nostro morire quotidiano. Chi vede questo, ha nel cuore una speranza che non delude: la speranza non è l’aritmetica. Dio in Cristo, come dice la Liturgia, esaudisce le preghiere del suo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito.

E’ di questo "al di là" ciò di cui tutti abbiamo bisogno, piccoli e grandi, perché i nostri desideri si sono ormai troppo ristretti e la speranza si è estinta.