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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


INTRODUZIONE AL 2° CONVEGNO MISSIONARIO DIOCESANO
Ferrara 27 ottobre 2000

La riflessione sulla missione non occupa un posto marginale nella riflessione sulla Chiesa: è la riflessione su una dimensione essenziale del suo Mistero. In quanto dimensione essenziale, essa dimora, deve dimorare in ogni sua espressione.

Inserendovi dentro alla celebrazione del Grande Giubileo, voi in questi giorni riflettere su questa dimensione del Mistero della Chiesa partendo dai quattro "simboli" giubilari fondamentali: purificazione della memoria, indulgenza, pellegrinaggio, porta santa. Il tutto nella luce della narrazione biblica del sogno di Giacobbe.

Il senso della mia riflessione introduttiva è di darvi gli orientamenti teologici fondamentali che dovranno guidare la vostra riflessione.

1. Perché la missione?

Credo che sia utile porci la più semplice delle domande perché è dalla risposta ad essa che deve nascere in questi giorni tutta la nostra riflessione: perché la missione?

Iniziamo a costruire la nostra risposta dalla pagina evangelica che narra la prima esperienza missionaria in assoluto [secondo il Vangelo di Giovanni]: l’incontro di Andrea e di un altro discepolo con Gesù [cfr. Gv 1,35-42a]. Andrea ha incontrato Gesù; è stato con Lui per un pomeriggio intero; lo ha ascoltato e gli ha parlato. E’ accaduto in Andrea un’esperienza straordinaria. Non nel senso di un’esperienza che lo abbia portato fuori della sua vita ordinaria. Straordinaria nel senso che a causa di essa, la sua vita quotidiana ha raggiunto una pienezza mai prima provata. Quale è questa esperienza? l’esperienza della perfetta corrispondenza fra ciò che il suo cuore, il cuore dell’uomo desidera e ciò che quella persona, Gesù, diceva, ciò che con quella persona Andrea aveva vissuto.

Che cosa significa "perfetta corrispondenza"? Due sono in fondo i desideri del cuore: la verità; il bene. Andrea sentiva che Lui era la verità, e che non solo diceva cose vere. Cioè: che in Lui tutto l’immenso universo dell’essere diveniva intelligibile. E l’universo dell’essere per Andrea, come per ogni uomo, era il suo lavoro (sul lago); era il suo amore per sua moglie e i suoi bambini; erano i suoi amici; era la storia del suo popolo: era il mondo che lo circondava. Andrea sentiva che Lui era il Bene, e che non solo gli voleva insegnare che cosa è bene/male. Cioè: che in Lui tutto ciò che gli mancava, che mancava alla sua umanità ed alla sua vita perché valesse ancora la pena di vivere, era presente. Più tardi la Chiesa indicherà questa "perfetta corrispondenza" con un termine: salvezza. Andrea si sentiva salvato in e da quell’incontro con Gesù. Il vocabolario umano parlerebbe in questo caso di innamoramento. Perché su questa terra solo gli innamorati sono felici? perché la persona di cui si sono innamorati, lo stare con questa persona rende vera e bella la vita.

Andrea esprimerà questo avvenimento con le parole proprie della sua fede ebraica: "abbiamo trovato il Messia". Ma, ed è questo il punto sul quale vorrei attirare la vostra attenzione, a chi dice di aver fatto questa scoperta? Alla prima persona che incontra: "egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: "abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo) ", e lo condusse da Gesù". Ecco, in questo testo è interamente definita la missione cristiana.

L’esperienza fatta da Andrea con Gesù poco prima non lo tirava fuori dalla sua vita quotidiana fatta soprattutto di rapporti con altre persone umane, in primo luogo della propria famiglia. Il rapporto vissuto quel pomeriggio con Gesù non si giustapponeva al rapporto con suo fratello Simone, ma si im-poneva dentro di esso, per farlo diventare interamente vero. Andrea narra ciò che ha vissuto [abbiamo trovato il Messia], perché anche Simone lo possa vivere [e lo condusse da Gesù]. Dentro al rapporto umano, in questo caso quello della fraternità, si inserisce un annuncio che è la narrazione di un fatto [= kerygma], consistente in un incontro personale [=testimonianza]. L’annuncio mira a rendere altri partecipi della stessa esperienza a causa della verità e bontà di quell’incontro.

Una preghiera della Liturgia bizantina esprime stupendamente tutto questo: "Trovato il culmine di ogni desiderio, che nella sua amorosa compassione per noi si era rivestito della nostra natura, tu, o Andrea, ti sei fuso con Lui con amore infuocato, gridando a tuo fratello: "abbiamo trovato colui che i profeti nello Spirito hanno annunciato; vieni, lasciamo che la nostra mente e la nostra anima siamo affascinati dalle sue bellezze"" [Vespro della festa; cfr. Antologhion di tutto l’anno, vol. 1, pag. 988, ed. LIPA, Roma 1999].

Proviamo ora a rileggere due testi della Lett. Enc. Redemptoris missio:

"All’interrogativo: perché la missione? Noi rispondiamo con la fede e con l’esperienza della Chiesa che aprirsi all’amore di Cristo è la vera liberazione. In lui, soltanto in lui siamo liberati da ogni alienazione e smarrimento, dalla schiavitù al potere del peccato e della morte. Cristo è veramente "la nostra pace" (Ef 2,14), e "l’amore di Cristo ci spinge" (2Cor 5,14), dando senso e gioia alla nostra vita. La missione è un problema di fede, è l’indice esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi." [11,3; EE/8, 1058]

"Perché la missione? Perché a noi come a S. Paolo "è stata concessa la grazia di annunciare ai pagani le imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ef 3,8). La novità di vita in lui è la "buona novella" per l’uomo di tutti i tempi: a essa tutti gli uomini sono chiamati e destinati. Tutti di fatto la cercano, anche se a volte in modo confuso, e hanno il diritto di conoscere il valore di tale dono e di accedervi. La Chiesa e, in essa, ogni cristiano non può nascondere né conservare per se questa novità e ricchezza, ricevuta dalla bontà divina per essere comunicata a tutti gli uomini". [11,5; ib., 1060]

Nel suo nucleo essenziale la narrazione evangelica descrive l’inizio di quella catena umana degli incontri con Cristo, catena che non si sarebbe più interrotta, poiché l’unica modalità per rapportarsi con una persona vivente è sempre e solo l’incontro.

Alla luce di quanto detto finora voi potere facilmente individuare le principali insidie alla coscienza missionaria della Chiesa, della nostra comunità, di ciascuno di noi. Non mi voglio fermare a lungo. Sia sufficiente la loro enunciazione; vi chiedo però di riflettere su di esse.

La prima insidia viene dall’oscurarsi in noi della centralità ed unicità della persona di Gesù Cristo come persona oggi vivente nella sua Chiesa. E’ stata la mia preoccupazione fondamentale durante tutto questo Anno Santo: "niente sia anteposto a Cristo".

La seconda insidia, conseguenza della prima, è di ridurre la nostra fede ad una "scienza del buon vivere" e coerente impegno a praticarla.

La terza insidia si colloca, per così dire, sul versante dell’uomo. L’uomo per sfuggire all’incontro con Cristo ha una sola via: fuggire da se stesso. Essere, come dice Agostino, fugitivus cordis tui (fuggitivo dal proprio cuore) [cfr. En. in ps. 57,1; NBA XXVI, CN ed. 1971, pag. 192]. Per non incontrare Cristo, devi fuggire da te stesso. La terza insidia allora che può minacciare la coscienza missionaria di una Chiesa è quella di non parlare – come dice il profeta – al cuore di Gerusalemme. Ignorare l’uomo è distruggere la missione.

2. Le vie della missione.

Non è ora difficile capire quali "vie" la missione deve percorrere. "L’uomo è la via della Chiesa" (Giovanni Paolo II). In che senso? nel senso che la Chiesa sente profondamente e vivamente nel suo cuore il desiderio di porsi vicino all’uomo nel percorrere le vie della sua esistenza terrena. Molteplici sono queste vie lungo le quali cammina l’uomo: in nessuna di esse la Chiesa vuole lasciare l’uomo solo, nelle sue gioie e nelle sue speranze, nelle sue tristezze e nelle sue angosce.

"Cristo è la via della Chiesa" (Giovanni Paolo II). Perché la Chiesa vuole fare "compagnia" all’uomo, anzi vuole farsi compagnia dell’uomo? Perché è Cristo che ha affidato l’uomo, ogni uomo e tutto l’umano, alla Chiesa; perché è Cristo che l’ha introdotta in tutte le vie percorse dall’uomo. La missione (l’essere inviata da Cristo all’uomo) è l’essere stesso della Chiesa. Essa è il luogo e il modo del protrarsi nel mondo della presenza di Cristo. "Alla Chiesa, infatti, è stato affidato il Dono di Dio, come il soffio alla creatura plasmata, affinché tutte le membra, partecipandone, siano vivificate; e in lei è stata deposta la comunione con Cristo, cioè lo Spirito Santo, arra di incorruttibilità, conferma della nostra fede e scala della nostra salita a Dio" scrisse S. Ireneo (Adv. Haereses 3,24,1; trad. E. Bellini. Ed. Jaca Book. Milano 1981, pag. 295). Tutto l’essere della Chiesa è relativo a Cristo (Cristo è la sua via) e all’uomo (l’uomo è la sua via). "Perché dove è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio; e dove è lo Spirito di Dio, lì è la Chiesa ed ogni grazia. Ora lo Spirito è Verità" (ibid. pag. 296).

A ben vedere allora le due vie non sono parallele: sono strettamente congiunte. Questa congiunzione è il miracolo stupendo della cultura cristiana. E’ cioè la consapevolezza del nostro incontro con Cristo vivente nella sua Chiesa, in quanto ci rende capaci di interpretare unitariamente ogni momento della nostra vita quotidiana, e quindi di viverlo con più appassionata dignità. Ogni momento: il nascere ed il morire, l’amare la propria donna/ il proprio uomo e l’educare i propri figli, il lavorare e l’ammalarsi. Ogni momento piccolo e grande. Ma esiste un momento umano piccolo?

La missione si connette inscindibilmente colla cultura: là dove l’annuncio cristiano non genera cultura, non è ancora stato portato a termine.

Conclusione

Il lavoro che vi attende ora è assai grande ed impegnativo. E’ il lavoro che deve individuare nelle fondamentali espressioni del Mistero della (nostra) Chiesa, che sono le catechesi, la celebrazione dei Misteri e la vita del cristiano, le vie perché in Essa sia sempre più evidente la sua missione: l’Incontro con Cristo che genera la vita in ogni uomo.

Un testo liturgico ambrosiano recita: "auditam faciet Dominus gloriam laudis suae [ecco la narrazione dell’incontro] in laetitia cordis vestri [ecco l’uomo che viene a Cristo]" (il Signore farà ascoltare la gloria della sua lode nella gioia del vostro cuore).

Rendere evidente la presenza di Cristo nella lieta pienezza di ogni esperienza umana: questa è la missione.