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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


COMMEMORAZIONE FEDELI DEFUNTI
Cattedrale di Ferrara
2 novembre 1998

Questi due primi giorni di novembre sono davvero unici: essi ci fanno sperimentare, vedere il mistero stesso della Chiesa in modo straordinario. E quanto abbiamo bisogno di questa esperienza, di questa visione! Spesso ci limitiamo a vedere la Chiesa nella sua sola realtà terrena: siamo come sofferenti di una «miopia» spirituale che ci impedisce di vedere «a distanza». Questi due giorni ci hanno aperti gli occhi sulla Chiesa nella sua triplice dimensione, nella sua triplice realtà, nella sua triplice maniera di esistere.
La «Chiesa militante»: la comunità dei discepoli del Signore che vive in questo mondo, Chiesa della Pentecoste permanente. La «Chiesa sofferente»: la comunità dei discepoli del Signore, che vive in purgatorio, Chiesa dell’Avvento transitorio. La «Chiesa celeste»: la comunità dei discepoli del Signore, che vive nella pienezza della carità che non ha fine, Chiesa della Pasqua eterna.
Ieri, abbiamo contemplato nella fede la Chiesa gloriosa, composta dagli angeli e dai santi già definitivamente entrati nel cuore del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Oggi, contempliamo nella fede la Chiesa composta da chi si trova ancora sottoposto, dopo la morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per essere introdotti nella visione di Dio. Siamo – Chiesa trionfante, Chiesa sofferente e Chiesa militante – uniti nella stessa comunione di carità, nello stesso vincolo di “parentela”, poiché partecipiamo alla stessa vita divina. Questo è il mistero della Chiesa nella sua intera verità.
Oggi siamo però esortati dalla Liturgia che stiamo celebrando, a vivere in modo particolare il legame che unisce  noi ancora pellegrini su questa terra con i nostri fratelli che stanno ancora purificandosi nel Purgatorio. L’unione infatti fra noi e chi è morto nella pace di Cristo non è minimamente spezzata, e  la parola di Dio ci guida come sempre nel capire le varie dimensioni di questa unione. Poniamoci al suo ascolto.

1. “Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. La parole paoline descrivono il fondamento ultimo della speranza cristiana. Esso consiste nella certezza dell’amore che Dio, il Padre, ha per ogni persona umana. Questa certezza è il frutto dell’azione interiore dello Spirito Santo. La speranza  non ci inganna, perché lo Spirito Santo, che ci è stato donato, suscita nei nostri cuori la certezza di essere amati dal Padre.
E’ nella luce di questa profonda esperienza, di questa intima convinzione circa da «buona disposizione» del Padre verso noi, che dobbiamo pensare alla sorte definitiva dei nostri defunti. Se infatti, Dio ha amato ciascuno di loro quando prima del battesimo erano ancora nemici, riconciliandoli a Sé mediante il sacramento della purificazione, quanto più Dio si sarà preso cura di loro, dopo che li aveva generati alla sua vita. “Questa  infatti è la volontà del Padre … che chiunque vede il Figlio e crede in Lui abbia la vita eterna”.

2. La fede della Chiesa oggi ci ricorda due verità sulla sorte dei nostri defunti. La prima. “Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio,  ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo” (CChC 1030).
E la stessa fede ci insegna che noi possiamo aiutare efficacemente coloro che si trovano in questa purificazione, dopo la loro morte. La morte infatti non distrugge ma anzi perfeziona la nostra unione in Cristo. Essa può solo distruggere la vicinanza visibile, fisica, sensibilmente percepibile; ma la nostra unione in Cristo non è condizionata dalla possibilità di verificarla sensibilmente.
L’aiuto nostro si esprime in primo luogo nella preghiera di suffragio. Qualunque cosa, se uniti al Cristo per mezzo della grazia, operiamo e soffriamo sulla terra, possiamo offrirla come preghiera a favore dei fratelli e sorelle che sono passati nell’eternità. Veramente la carità cristiana non ha confini. E’ questo il modo giusto di essere in contatto coi nostri defunti.
Vorrei prendere occasione da questa celebrazione per richiamare un importante insegnamento della Chiesa, riguardante i nostri rapporti coi morti. Lo spiritismo inteso come la tecnica con la quale di fatto l’uomo riesce a stabilire un contatto sensibile, uditivo, visivo o motorio con un defunto che intende evocare, costituisce obiettivamente un grave peccato. Intendo parlare anche del metodo evocativo c.d. della scrittura automatica, fatta allo scopo di ricevere dai defunti messaggi anche solo edificanti o consolatori.
Qualsiasi pratica evocativa dei defunti è, ripeto, un peccato grave, anche se motivata da alte ragioni di fede o di carità verso i defunti. La ragione è che ogni apparizione sensibile e provocata dei defunti è un grave peccato di superstizione. I defunti sono sotto la sovranità assoluta del Signore e pertanto il pretendere di farli intervenire quando l’uomo vuole e con mezzi naturali, è grave offesa alla sua Sovranità.
La nostra preghiera ottenga loro di partecipare alla Chiesa che vive la pasqua eterna; confermi in noi la beata speranza che ci ritroveremo insieme ai nostri fratelli defunti, per sempre, nella vita di Dio.