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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


VENERDÌ SANTO "IN PASSIONE DOMINI"
Cattedrale 18 aprile 2003

1. "Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto". Il racconto della passione è terminato con queste parole. È un invito a "volgere lo sguardo" sul Crocefisso; a fissare lo sguardo su di Lui, chiedendoci: chi è il Crocifisso. È il Figlio di Dio, disse il centurione romano, secondo il racconto del Vangelo di Marco [cfr. Mc 15,39]; è il figlio dell’uomo, che è venuto "non per essere servito, ma per servire e dare la vita a riscatto per la moltitudine", aveva anticipato Gesù stesso. Se noi questa sera riusciremo a "volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto" vedendo contemporaneamente in Lui Dio e l’uomo, avremo una qualche comprensione del mistero della Croce. In esso infatti si svela il mistero di Dio e il mistero dell’uomo.

La Croce rivela il mistero di Dio come Amore che condivide fin dove gli è possibile la nostra concreta condizione umana: incontra l’uomo condividendone natura e condizione. È il grande insegnamento ascoltato nella seconda lettura.

Il mistero di Dio come amore che condivide, è rivelato nella Croce come amore che non vuol solo condividere, ma condividendo vuole realizzare uno scambio. Dio sulla Croce ci dice: "fin dove posso arrivo ad essere come te. Fin dove posso: non nel peccato, ma nella morte del peccatore sì. Qui posso arrivare e ci arrivo perché tu possa essere non appena con me, ma come me. Fino alla morte del peccatore arrivo, perché tu – con me – possa conoscere non la morte ma la morte salvata. Che vuol dire: l’esito della tua vita sia l’esito della mia morte, sia la risurrezione" [cit. da G. Moioli, La parola della Croce, ed. Glossa, Milano 1994, pag. 23].

"Egli prese su di sé ciò che è peggiore per darci ciò che è migliore. Fu mendicante, affinché dalla sua mendicità noi venissimo arricchiti; prese l’aspetto del servo, perché noi ottenessimo la libertà; si abbassò perché noi venissimo innalzati… fu umiliato per glorificarci, morì per salvarci" [S. Gregorio Nazianzeno, Orazione 1,3].

Carissimi fedeli, non stanchiamoci mai di "volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto" perché ci sia svelato nella misura in cui possiamo sopportarlo, il mistero di Dio.

2. Ma la Croce di svela anche il mistero dell’uomo. Di ciascuno di noi, della nostra reale condizione. È quel mistero indicato dalle parole profetiche ascoltate nella prima lettura: "Egli è stato trafitto per i nostri delitti; schiacciato per le nostre iniquità". Carissimi fedeli, qui ci troviamo di fronte ad un altro "mistero": il mistero di iniquità.

Chi siamo? Siamo persone capaci di peccare e di fatto abbiamo peccato. Ma c’è qualcosa di più misterioso e profondo di questa nostra capacità personale di peccare. L’uomo è stato pensato e voluto in Cristo Gesù: a sua immagine. Ma ciascuno di noi, prima ancora di ciò che fa o non fa, nasce in una situazione di inimicizia con Dio. La Chiesa lo chiama il peccato originale: è la condizione nativa di difformità da Cristo. Il male dell’uomo è questo. La nostra personale capacità di peccare, i nostri peccati attuali hanno la loro radice ultima in questo terreno di originaria inimicizia con Dio nella quale siamo nati.

Sulla croce Dio incontra l’uomo misericordiosamente a questo livello: fin dalle origini del nostro essere, prima ancora di venire all’esistenza noi siamo già prevenuti dalla misericordia del Padre che in Cristo crocefisso ci offre il suo perdono.

Chi è l’uomo? è un peccatore perdonato. Se neghiamo di essere peccatori, siamo bugiardi; se neghiamo di essere perdonati, siamo disperati. Siamo bisognosi di misericordia, ma la Croce ci rivela che questo bisogno non resta inascoltato. Dio raggiunge l’uomo anche più a fondo dei suoi atti liberi di peccato: alle radici native della sua iniquità. Che grande incontro è accaduto sulla Croce! L’incontro del "mistero di iniquità" che è l’uomo col "mistero della pietà" che è Dio ricco di misericordia.

La tradizione cristiana non a caso ha sempre confrontato l’albero della Croce con l’albero di Adamo. Il frutto di questo è stato tolto dal frutto di quello, il perdono dei peccati. Ed all’uomo perdonato è indicata dalla Croce l’unica via della salvezza: fare colla sua libertà ciò che Cristo ha fatto colla sua sulla Croce, l’abbandono di sé al Padre.