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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


XVI DOMENICA
26 luglio 1998

 Domenica scorsa il Signore ci ha insegnato che la vita cristiana ha due dimensioni essenziali: l’ascolto della parola di Dio, la preghiera, la quiete contemplativa e l’attività, il farsi prossimo di ogni uomo che si trovi nella necessità spirituale o fisica per aiutarlo. Ora et labora, diceva S. Benedetto, prega e lavora.
 Oggi il Signore continuando a delineare la figura del vero discepolo, ci dona una stupenda istruzione sulla preghiera. In essa, Egli ci insegna a chi ci rivolgiamo quando preghiamo (1), che cosa dobbiamo chiedere quando preghiamo (2), come dobbiamo pregare (3).

1. “Quando pregate, dite: Padre”. L’insegnamento di Gesù sulla preghiera ci indica in primo luogo che la nostra preghiera si rivolge a Dio, e che lo dobbiamo fare chiamandolo «padre». Fratelli e sorelle: questo è il fatto più sconvolgente della preghiera cristiana, che la rende diversa dalla preghiera di ogni altra religione. Noi ci rivolgiamo a Dio non chiamandolo con un qualsiasi nome o indicandolo con un qualsiasi attributo. Noi ci rivolgiamo a qualcuno, per cui l’essere Padre è la più intima espressione del suo essere; è il suo nome proprio, più che una qualità fra le tante. Ciò presuppone che nel momento in cui il cristiano si pone in preghiera, egli sa con certezza che entra in un rapporto diretto e pieno di confidenza con Dio, come un figlio quando si rivolge a suo padre non lo chiama per nome (Pietro, Giovanni …), ma semplicemente «papà». Come è possibile un tale fatto, che una creatura debba – possa chiamare Dio, «papà – caro papà»? chi segue Gesù, chi nella fede ha creduto alla sua parola e coi sacramento si è unito a Lui, questi può chiamare Dio Padre, come e perché Gesù stesso ha fatto così. “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente” (1Gv 3,1). Oh che grande esperienza è la preghiera cristiana!

2. “Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno…”. Rivolgiamoci al Padre, che cosa dobbiamo chiedergli? Che il suo nome sia santificato …Se fate attenzione, voi osserverete che due domande riguardano il Padre stesso, tre domande riguardano noi. Cioè: ci sono prima di tutto gli «interessi» del Padre con i quali coopero e che desidero ardentemente si compiano. Dio ha «interessi»? certamente; ci sono cose che gli stanno sommamente a cuore al Padre perché riguardano il nostro bene supremo. Interesse del Padre è che il figlio, cioè noi, raggiunga la sua salvezza integrale. Quali sono questi «interessi»? la santificazione del suo Nome e la venuta del suo Regno.
 La santificazione del Nome. Quando noi preghiamo, dicendo: «sia santificato il tuo nome», è come se dicessimo: Padre, “manifestati in quello che sei, cioè Padre ricco di grazia e di misericordia; fa vedere la tua Gloria e fa rifulgere ai nostri occhi lo splendore della tua realtà divina. Dunque, noi non chiediamo che gli uomini venerino il Nome di Dio, ma che il Padre stesso si mostri veramente per quello che è, nella Gloria della sua grazia.
 La venuta del Regno. In che modo Dio fa vedere all’uomo chi è? facendo venire il suo regno. Cioè: “Padre manifestati per quello che sei «cioè», compi il tuo piano di salvezza nei confronti dell’uomo e di tutta la creazione; compi quell’intervento nel nostro mondo in forza del quale finalmente tu sarai «tutto in tutti» (cfr. 1Cor 15,28)!
 Vedete come il contenuto essenziale della nostra preghiera è grande! noi chiediamo al Padre allo stesso modo due cose: la sovranità e la gloria di Dio e contemporaneamente la salvezza e beatitudine dell’uomo. Là dove si realizza la sovranità del Padre viene anche la salvezza dell’uomo. “E’ questa unità che l’orante implora: la condizione definitiva del mondo, in cui viene realizzato tutto l’onore dovuto a Dio e tutta la salvezza del mondo” (H. Schürmann).
3. “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete”. Gesù ci insegna non solo a chi noi ci rivolgiamo, quando preghiamo; non solo ci insegna che cosa chiedere; ci istruisce anche sul modo col quale pregare. La nostra preghiera deve possedere due qualità: insistenza; confidenza.
 Deve essere una preghiera insistente. La parabola raccontata da Gesù ci fa capire che il Padre non ascolta subito la nostra preghiera. Può darsi che Egli voglia essere pregato a lungo con insistenza. Come mai? Perché in questo modo cresce il nostro desiderio e così il Padre potrà farci un dono più grande; inoltre il dover continuare a pregare conferma in noi il senso della nostra dipendenza dal Padre. Una dipendenza che ci definisce non solo come creature, ma anche come figli.
 Deve essere una preghiera confidente: “stai certo” ti dice Cristo “la preghiera è sempre ascoltata”. Perché? Precisamente perché Dio è nei nostri confronti Padre in un modo infinitamente superiore a come lo è per ciascuno di noi il nostro padre terreno. “Se dunque voi, che siete cattivi, …”. Non significa che noi riceviamo esattamente ciò che chiediamo: riceviamo sempre ciò che ci fa bene.

 “Darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”: ecco in realtà che cosa noi chiediamo al Padre. Chiediamo che il suo Santo Spirito venga ad abitare in noi. Il Padre ci ha creati perché potessimo godere della stessa vita del Figlio suo unigenito, Gesù. Questa relazione figliale viene costituita in noi dallo Spirito Santo, nel quale gridiamo: «Padre!».