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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


OMELIA FINE ANNO 1996

Fratelli, sorelle: nella nostra vita quotidiana ci troviamo a volte coinvolti in situazioni, esperienze così cariche di mistero e di significato da non riuscire più a fuggire da noi stessi, ad ingannare noi stessi. Pensiamo, per fare solo qualche esempio, che cosa succede in noi quando la morte ci priva di una persona cara, o quando cominciamo a vivere l’esperienza di un vero amore. Sono momenti in cui siamo posti inesorabilmente di fronte alla verità del nostro essere. In questo pomeriggio, in questa sera siamo costretti a prendere coscienza di “qualcosa” che succede dentro la nostra vita, così serio da porci semplicemente nella verità della nostra persona. Che cosa? Lo scorrere del tempo. Proviamo a riflettere brevemente su questo fatto.

1. Lo scorrere del tempo, il passare inarrestabile degli anni nel loro continuo susseguirsi, non è solo un fatto a noi esterno: qualcosa che possiamo misurare coi calendari e cogli orologi, come col metro possiamo misurare un pezzo di terra. Lo scorrere del tempo accade dentro di noi e ci trascina con sé: non solo il tempo (gli anni, i mesi, i giorni) scorre con noi, ma anche noi passiamo col tempo. L’anno che fra qualche ora si concluderà, appartiene anche al nostro passato: al mio, al tuo passato. Cioè: una parte della tua vita è passata; è già vissuta e non potrà più essere ri-presa. Vedete, fratelli e sorelle, quale è la nostra situazione, la nostra condizione dentro il tempo? Il passato non esiste più e non ti appartiene più; il futuro non esiste ancora e non sai neppure se avrai un futuro. Rimane l’istante presente con la sua fugacità. Hai come l’impressione che la tua vita ti sfugga istante per istante dalle mani; come se tu volessi stringere nelle mani dell’acqua. Impossibile. Il nostro essere dentro lo scorrere del tempo, il nostro scorrere col tempo ci rivela la nostra verità, la verità della nostra vita: una vita fragile e sempre sospesa fra un passato che non esiste più ed un futuro che non esiste ancora.
 Noi non ci pensiamo quasi mai esplicitamente, tuttavia l’esperienza di questa “fragilità” e di questa “sospensione” ce la portiamo dentro ogni giorno e diventa insopportabile: il tempo è cattivo, il tempo è invidioso. Come cerchiamo di uscirne? Molti lo fanno  nel modo che questa sera vedrete: dimenticare, evadere, assicurarsi il futuro. Dimenticare: ciò che è passato, è definitivamente annientato (o per lo meno dobbiamo far sì che lo sia); evadere: buttarsi nella confusione, nel disordine per esserne storditi; assicurarsi il futuro: un ricorso sempre più massiccio a pratiche magiche ed a superstizioni per sapere già prima che cosa accadrà, come per toglierci di dosso il rischio del futuro.
 E’ questo il modo giusto, vero di stare dentro al tempo e di scorrere col tempo? Prima di chiedere alla parola di Dio la risposta a questa domanda, dobbiamo prima farci un’altra domanda: tutto di noi stessi passa e scorre via col tempo? Oppure dentro lo scorrere del tempo, c’è qualcosa di noi stessi che rimane? Il tempo, questo susseguirsi di anni, è la nostra dimora e la nostra patria oppure il tempo è il nostro esilio perché l’eternità è la nostra patria? Voi capite che a seconda della risposta che diamo a queste domande, il significato della nostra vita nel tempo cambia completamente. Allora poniamoci nel docile ascolto della Parola di Dio.

2. “Quando venne...”. Dunque, tu sei chiamato in Cristo ad essere figlio del Padre: sei cioè posto in una relazione unica col Padre. Sei chiamato quindi ad essere anche suo erede: “se figlio, anche erede”. Erede della stessa ricchezza del Padre, cioè della sua stessa vita eterna. Questa chiamata e questa eredità cambia completamente la nostra condizione dentro il tempo. “L’uomo, che è valutato un nulla tra gli esseri, che è cenere, erba, vanità, è tuttavia reso familiare, poiché è assunto a dignità di figlio di Dio nell’universo. Quale ringraziamento l’uomo può trovar degno di questa grazia? Con quale voce, con quale pensiero, con quale movimento interiore proclamerà la sovrabbondanza della grazia? L’uomo eccede la sua natura  divenendo da mortale immortale, da caduco incorruttibile, da effimero eterno, in una parola da uomo dio. Colui che è stato fatto degno di divenir figlio di Dio avrà in sé la dignità del Padre ed è erede di tutti i beni paterni” (S. Gregorio di Nissa, Sulle beatitudini, Sermone VII, PG 44, 1280).
 Noi siamo dati in ostaggio al tempo, poiché la nostra vera casa è la vita eterna di figli nel Figlio Gesù Cristo incarnatosi dentro il tempo. Ne deriva che ogni istante che tu vivi è di una incalcolabile preziosità: in esso tu già prepari la tua eternità. “La vita che Dio dona all’uomo è ben più che un esistere nel tempo. E’ tensione verso una pienezza di vita; è germe di una esistenza che va oltre il tempo. «Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità; lo fece ad immagine della propria natura» (Sap. 2,23)” (Lett. Enc. Evangelium Vitae 34).

Conclusione

 “I pastori - dice il S. Vangelo - poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto ...” Sia anche in noi la stessa attitudine: non la tristezza per la nostra fragilità, dimenticata nella confusione, ma la lode di Dio perché “quando venne...”