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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Domenica IV per Annum (C)
San Giovanni dei Fiorentini, 3 febbraio 2013


1. "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi". Cari fratelli e sorelle, Gesù pronuncia queste parole dopo aver letto un testo del profeta Isaia, nel quale Dio promette un tempo di grazia e di misericordia: "un anno di salvezza". E Gesù dice: "quanto il profeta aveva preannunciato, ora si compie; è finito il tempo della promessa; inizia il tempo del compimento".

Le parole di Gesù sono dunque un invito rivolto ai suoi concittadini di Nazareth, che in quel momento erano come la rappresentanza di tutto il popolo di Dio, ad accogliere nella fede l’oggi di Dio, l’anno di grazia che Gesù realizzava per tutti.

Veramente con quelle parole Gesù svela la sua missione che sta per iniziare. Essa è l’oggi della misericordia.

La pagina evangelica poi si ferma a considerare la reazione dei concittadini di Gesù, e quindi di coloro che Gesù incontrerà nella sua missione che sta per iniziare.

La prima reazione è molto positiva. I concittadini di Gesù si mostrano meravigliati ed anche orgogliosi, del fatto che uno di loro dica tali "parole di grazia".

Ma a questa prima reazione ne subentra una seconda, molto diversa, che giunge fino a cacciare Gesù fuori da Nazareth. Che cosa determina questo brusco cambiamento? E’ lo scontro fra due modi di vivere, di pensare quell’oggi della salvezza, cioè l’opera salvifica di Gesù.

Gli abitanti di Nazareth pensano l’oggi della salvezza come miracoli, attività taumaturgica a loro favore esclusivo.

Gesù al contrario, dice che quanto al tempo del profeta Elia è avvenuto una sola volta; quanto al tempo del profeta Eliseo è avvenuto per una sola persona, succederà anche nell’oggi che Gesù dice essere arrivato: il dono della salvezza offerta sempre a tutti. Questa prospettiva di apertura universale, di associazione anche dei pagani alla misericordia di Dio suscita una reazione di rigetto.

2. Cari amici, la pagina evangelica è di grande importanza per la nostra fede. Da due punti di vista, almeno.

"Oggi si è adempiuta", dice il Signore. Quell’avverbio di tempo ci fa scoprire la qualità vera delle nostre giornate. Esse sono il tempo in cui Dio in Gesù sta compiendo la sua opera di salvezza. Dentro al passare delle nostre giornate, dentro alla confusa vicenda delle cose umane, resta sempre in vigore l’oggi che Gesù ha istituito nella sinagoga di Nazareth.

"Oggi" nell’incertezza del nostro futuro, nei conflitti di interessi ed interpretazioni opposte della vita, si sta compiendo l’opera di Dio. S. Paolo usa una metafora di straordinaria potenza espressiva. La creazione sta soffrendo le doglie del parto. I dolori di un travaglio preludono la nascita di una nuova vita; i dolori dell’agonia preludono la morte.

Ma per essere convinti di questo – è il secondo aspetto su cui desidero attirare la vostra attenzione – occorre guardare la realtà cogli occhi della fede; avere l’intelligenza della realtà propria della fede. Cosa che difettò agli abitanti di Nazareth: non videro che nel loro compaesano, nel "figlio di Giuseppe" [come lo chiamavano], Dio realizzava il suo disegno d’amore universale.

E’ la fede che introduce nelle nostre misure, nel nostro modo di pensare e di valutare le cose la misura di Dio, la sua luce e la sua Verità.

L’annuncio del Vangelo è inevitabilmente soggetto a questo rischio: essere rifiutato. Esso infatti non è un programma umano; è la proposta di un modo di vivere divino.