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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Solennità di Pentecoste
Cattedrale, 19 maggio 2013


Testimoni come siamo, cari fratelli e sorelle, quasi ogni giorno di fatti sconvolgenti; informati di quante gravi violazioni dei fondamentali diritti umani avvengono in vari paesi del mondo, siamo tentati di chiederci: ma dopo la presenza sulla terra di Cristo, dopo la sua morte e risurrezione, che cosa è veramente cambiato nella "tempestosa società umana" [come la chiamava S. Agostino]? Sembra che soprattutto nella nostra epoca i segni esteriori della presenza di Cristo ci hanno pressoché abbandonati.

Cari fratelli e sorelle, la celebrazione odierna della Pentecoste è la celebrazione della presenza di Cristo in ciascuno di noi e dentro la tribolata storia umana. E’ la celebrazione della presenza dello Spirito Santo, mediante il quale Cristo porta a perfezione la sua opera redentiva. E’ questa la celebrazione che genera in noi la speranza più forte.

1. Abbiamo ascoltato che cosa il Signore risorto ci ha detto: "io pregherò il Padre" [in questo momento Gesù sta pregando il Padre] "ed egli vi darà un altro consolatore perché rimanga con voi sempre". Dunque, chi crede, non è solo: ha con sé la divina persona dello Spirito Santo.

In che modo Egli compie in noi e tra noi l’opera di Cristo? In due modi fondamentali: uno più interiore; l’altro più esteriore.

Il primo modo è descritto da Gesù colle seguenti parole: "egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto". Il suo insegnamento consiste nel "ricordarci" tutto ciò che Gesù ci ha detto.

Cari fratelli e sorelle, perdere la memoria di Gesù, il Signore risorto; dimenticarci di ciò che Egli ha fatto e ha detto, è la più grande disgrazia. Questa dimenticanza, infatti, ci fa ricadere nell’errore, nel dubbio, nell’incertezza. Se perdiamo la memoria di ciò che Gesù ha detto e ha fatto, camminiamo delle tenebre. Diventiamo – direbbe Paolo - "come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore" [Ef 4, 14].

Lo Spirito Santo ci ricorda Gesù, il Signore Gesù, non parlandoci esteriormente, ma introducendosi nei nostri cuori, nelle profondità della nostra persona, ci fa vedere e come sperimentare la verità delle parole di Gesù. E’ come se sintonizzasse la nostra persona sulla lunghezza d’onda sulla quale la Chiesa ci predica la parola di Gesù. Così sintonizzati, sentiamo non solo colle orecchie ma col cuore. E il ricordo di Gesù plasma la nostra vita. "Siamo illuminati da Te, in modo che, dopo essere stati un tempo tenebre, diventiamo luce in Te" [S. Agostino, Confessioni IX, 4.10].

Questo modo di agire dello Spirito Santo, di rendere presente Gesù, è in vista di un’altra opera. Lo Spirito Santo, radicandoci e fondandoci tutti e ciascuno nella memoria di Cristo, crea fra noi la Chiesa. La narrazione di questa opera dello Spirito Santo ci è stata letta nella prima lettura.

Quale evento stupendo! "Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?".

Notiamo subito che qui si incontrano l’unità e la diversità. Gli Apostoli parlano una sola lingua: ecco l’unità. Ciascuno li sente parlare nella propria lingua: ecco la diversità. La Chiesa che è in Italia professa la stessa fede della Chiesa che è in Corea; ogni Chiesa professa la stessa fede nella diversità della cultura propria di ciascuna. La diversità non spezza l’unità; l’unità non uniforma la diversità.

E’ lo Spirito Santo che custodendo la memoria di Cristo e radicando ogni credente ed ogni popolo nel Signore, crea mediante la Chiesa la vera unità.

Cari fratelli e sorelle, Cristo non ci ha abbandonato, ma per mezzo dello Spirito Santo, che rimane sempre con noi, ricostruisce, di generazione in generazione, la nostra umanità dalle sue macerie.

2. La parola di Dio, tuttavia, non ci illude. Essa nella seconda lettura ci avverte che la vicinanza, la presenza, l’opera di Cristo nel mondo mediante lo Spirito incontra nelle nostre realtà umane resistenza ed opposizione.

Il principio della resistenza e dell’opposizione è denotato dall’Apostolo Paolo dalla parola carne. Con essa l’Apostolo indica un principio di vita, presente in noi, che intende costruire un’esistenza personale e sociale priva della memoria di Cristo.

Si scatena così una lotta dentro di noi, un modo di essere liberi non radicato nel ricordo di Cristo prodotto in noi dallo Spirito, ed un modo di essere liberi, "guidati dallo Spirito di Dio".

La resistenza allo Spirito di Cristo non è presente solo dentro di noi, ma trova anche la sua espressione come contenuto della cultura in cui viviamo, dell’organizzazione istituzionale delle nostre società, delle ideologie che si impongono al pensiero.

Di chi sarà la vittoria alla fine? L’Apostolo ci ha detto: "se vivrete secondo la carne, voi morirete; se invece coll’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere della cane, vivrete".

La contrapposizione tra la vita secondo lo Spirito e la vita secondo la carne, è in realtà la contrapposizione fra vita e morte.

Gesù lo ha assicurato: "vi darò un consolatore perché rimanga sempre con voi". E’ Lui la nostra forza; è Lui la nostra vita.

In conclusione, fratelli e sorelle, lo Spirito Santo opera in ciascuno di noi ciò che opera in tutta la Chiesa, dato che Egli abita sia nell’intera Chiesa che in ogni fedele. E le due operazione sono interdipendenti [cfr. lo sviluppo di questo pensiero in J.N. Newman, Sermoni su temi di attualità, ESD, Bologna 2004, 133-134]. Ma siamo sereni e fermi: lo Spirito "demolisce tutto ciò che si oppone orgogliosamente alla conoscenza di Dio" [2 Cor 10, 5].