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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Domenica Ventiseiesima per Annum (A)
Montesole, 25 settembre 2011


1. La parola che oggi Gesù dice, ci chiama subito in causa perché prendiamo posizione. Egli infatti inizia con un "che ve ne pare?". Su che cosa il Signore ci chiede di rispondere? Alle seguenti domande: in che cosa consiste l’obbedienza alla volontà di Dio? Chi è il vero servo del Signore? Per aiutarci a rispondere, Gesù mette a confronto due risposte date da due fratelli al padre che aveva ordinato loro di andare nella vigna a lavorare.

Il primo dice sì, ma poi non va; il secondo dice no, ma poi va. I due rappresentano emblematicamente due tipi di risposte: l’assenso puramente verbale che non passa all’azione; l’adesione operativa preceduta dal diniego.

Alla fine della breve parabola Gesù fa un commento che è la vera chiave interpretativa della parabola: "i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio". Egli ci rivela che il secondo figlio è figura dei pubblicani e delle prostitute, i quali hanno veramente obbedito al Padre.

Ritorna allora la domanda: ma in che cosa consiste l’obbedienza a Dio? chi obbedisce veramente al Signore? come pubblicani e prostitute possono essere raffigurati dal figlio che obbedisce?

Il Vangelo secondo Giovanni racconta che questa domanda venne fatta a Gesù [sia pure con diverse parole]; "che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?". E Gesù rispose: "questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato". Obbedisce a Dio chi crede in Gesù; la vera obbedienza a Dio è la fede in Gesù, il Figlio unigenito. È questa la volontà del Padre.

Ne deriva che l’osservanza della legge (morale) congiunta col rifiuto di Gesù equivale ad un sì verbale detto al Padre, smentito dai fatti. Al contrario la fede in Gesù fatta da chi fino ad allora ha vissuto fuori o contro la legge (morale), segna l’inizio della vera adesione al Signore e al suo volere: l’ingresso nel Regno. Il Concilio di Trento coerentemente insegnerà che "fondamento e radice di ogni giustificazione è la fede".

La Parola di Dio, la sua volontà nella pienezza dei tempi "non si esprime innanzitutto in un discorso, in concetti o regole. Qui siamo posti di fronte alla persona stessa di Gesù. La sua storia unica e singolare è la Parola definitiva che Dio dice all’umanità" [Benedetto XVI, Es. ap. Verbum Domini 11, 2]. E pertanto ogni persona si gioca il suo destino credendo o non credendo in Gesù.

Ma a questo punto è necessaria una precisazione. La fede – come insegna il Vaticano II – è un atto col quale "l’uomo gli [= a Dio che si rivela] si abbandona tutt’intero, liberamente prestando il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà" [Dei Verbum 5].

L’abbandono totale alla persona di Gesù non comporta solo un nuovo modo di agire, ma ancor prima una nuova intelligenza della realtà. L’apostolo Paolo ci dona nella seconda lettura un’esemplificazione sconvolgente di questo cambiamento nel modo di pensare e di vivere.

2. Carissimi fratelli e sorelle, quando Gesù venne richiesto di un parere circa l’applicazione della legge mosaica, Egli rispose richiamandosi alla volontà originaria di Dio sul matrimonio. E nello stesso tempo indicò nella "durezza di cuore" l’impossibilità di realizzarla.

La guarigione da questa malattia spirituale – la "sclerocardia" – è la fede in Gesù, nel suo atto redentivo, nella sua capacità di rinnovare ogni cosa.

La consistenza del vostro matrimonio quindi dipende dalla vostra fede. Radicati e fondati in Cristo mediante la fede, il vostro matrimonio riceverà il nutrimento del suo amore e la consistenza della roccia che è Cristo.

E la vostra fede in Lui vi renderà capaci di una intelligenza della realtà matrimoniale, che non si lascerà oscurare dalla cultura presente.

Mediante la fede è il pensiero stesso di Cristo che viene a dimorare in voi.

Fate vostra la preghiera del Salmo: "fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua verità ed istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza", il Dio della salvezza del mio matrimonio. Amen.